Fuori dal campo Italia

Palestre e piscine ancora ferme ad aprile: come e quando si potrà riaprire

Polemiche sulle "attività di interesse nazionale" che proseguono: la protesta di 15 enti di promozione. E intanto si continua a lavorare sui ristori, ma anche aprile sarà un mese difficile

27.03.2021 18:24

Le allieve di Katiuscia SantamariaPure aprile sarà buio. D’altronde, come dice il premier Draghi, le aperture le fanno i numeri dei contagi e c’è poco da fare. E così anche lo sport si appresta a vivere a metà fra il rosso e l’arancione: palestre, piscine e centri sportivi resteranno chiusi in tutta Italia. O quasi. Perché poi scopri che diverse attività sono aperte perché "attività di interesse nazionale". 

È la battaglia portata avanti dai 15 enti di promozione sportiva, che nelle zone rosse hanno visto stoppate tutte le loro attività, allenamenti compresi: "Faccio l’esempio di una nostra società. Le stesse nostre ginnaste, dopo la chiusura della loro attività, si sono tesserate per la federazione", spiega il neopresidente dell’Uisp, Tiziano Pesce. Una discriminazione. Che ha ribaltato i ruoli vissuti all’inizio dell’Italia a colori, quando proprio la disinvoltura di determinati enti nel considerare la loro attività "nazionale" aveva fatto arrabbiare le federazioni. Prima del dpcm di inizio novembre, quando fu decisa la chiusura delle zone rosse per gli enti di promozione. 

CHI APRE E CHI NO

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Così ecco tornei Under 13 di pallavolo continuare sotto l’ombrello della deroga, migliaia di tennisti attempati diventare agonisti, come ragazzini alle prime armi con la pallanuoto. Ma niente demonizzazioni. È evidente che queste sono forme di resistenza di un sistema che rischia, o è di fatto divorato dall’emergenza. Tuttavia lo sport, uno dei settori più ferocemente colpiti dalla pandemia, a partire dalla scuola, vive una condizione un po’ paradossale, potendo decidere da solo - vista l’autocertificazione di fatto delle federazioni - cosa chiudere e cosa no. Non sarebbe più giusto, salvaguardando un’attività realmente di vertice, puntare per il resto su criteri oggettivi per tenere aperto, riducendo per esempio drasticamente il numero di potenziali frequentatori di un impianto per assicurare un distanziamento a prova di tutto e moltiplicando i controlli sul territorio? 

"PERICOLOSE" 

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Una domanda troppo complicata in questo momento per scienza e politica. Lo ha fatto chiaramente capire la neosottosegretaria allo sport Valentina Vezzali rispondendo agli enti di promozione con un realismo ispirato ai contatti avuti proprio nei primi giorni del suo mandato. E provocando la reazione fra gli altri di Claudio Barbaro, presidente dell’Asi, un altro ente di promozione: "Il Sottosegretario allo Sport ha parlato di palestre considerate 'pericolose', ammettendo di aver registrato, in una riunione al Ministero della Salute, un muro in riferimento alle ipotesi di riaperture. Basta con il terrorismo psicologico, i centri sportivi sono luoghi sicuri". 

AIUTATECI

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Intanto si lavora su un altro fronte, quello dei ristori. Il decreto sostegni ha assicurato le indennità ai quasi 200mila collaboratori sportivi, facendolo in modo giustamente progressivo (una tantum di 1200, 2400 e 3600 euro a seconda di quanto si era guadagnato nel 2019). Praticamente niente invece per le società sportive: "Dando aiuti solo in base al fatturato, si penalizza tutto il settore perché non vengono prese in considerazione le entrate istituzionali, ma solo quelle commerciali - dice Damiano Lembo, presidente dell’Us Acli - serve un intervento almeno per affitti e utenze". Diversi parlamentari stanno preparando emendamenti che vanno in questa direzione. Nei prossimi giorni si saprà qualcosa di più. Nel frattempo non mancano le polemiche. L’ex ministro dello sport Vincenzo Spadafora ieri ha attaccato la Vezzali per non aver confermato il capo del dipartimento Giuseppe Pierro in un momento "in cui serviva continuità, confermando chi conosceva la macchina, le difficoltà e le aspettative di associazioni e società sportive dilettantistiche". 

UNA DATA

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Aprile si presenta insomma come un altro mese molto duro. Ma è chiaro che sono i numeri del contagio, difficile dare torto a Draghi, a determinare la variabile delle riaperture. Certo, se solo si ricorda l’aprile di un anno fa, quando pure gli atleti olimpici furono costretti a rimanersene a casa, un passo avanti c’è stato. Il problema è che ora, un anno dopo, il sistema rischia di finire k.o. Magari servirebbe una data a chi opera in questo momento per ipotizzare una riapertura, anche non vicinissima, per pensare positivo e guardare con un po’ di fiducia al futuro. Per prepararsi, per non abbandonare, per sperare.

fonte: gazzetta.it

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